Curatori mostra

Paola Silvia Ubiali

Dietelmo Pievani

ISOMETRIE

Le geometrie generative di Pievani

Fuoriclasse dell’arte concreta geometrica, protagonista d’avanguardia negli anni sessanta, per ragioni ideologiche negli anni ottanta matura una decisione controcorrente: si allontana dalle esposizioni nelle gallerie private e dal sistema dell’arte per dedicarsi alla ricerca personale, libera da ogni vincolo e condizionamento. Una scelta radicale che ora riceve una deroga meditata, consapevole e motivata.

Alla mia domanda: “Come ti definisci riguardo allo sviluppo del tuo lavoro?” Pievani, senza alcuna esitazione risponde “Pittore”.

Non è facile accettare tale definizione senza qualche perplessità, poiché la pittura nel senso più tradizionale del termine, quella che implica una connotazione gestuale o per lo meno materica, Pievani l’ha abbandonata alla fine degli anni cinquanta. Gli immacolati legni laccati delle Composizioni in bianco e delle Superfici che realizza dagli anni sessanta, i piombi, i ferri delle Composizioni dell’ultimo quindicennio possiedono una forte vocazione scultorea, si potrebbe dire architettonica per l’evidente propensione alla conquista dello spazio. Ma lui persiste imperterrito a considerarsi “pittore”, andando implicitamente, e forse ironicamente, a sovvertire quella meravigliosa, utopistica concezione di unità delle arti – architettura, pittura, scultura – a cui invece, e ne è ben consapevole, anela la sua intera ricerca.

I lavori di Pievani sono da intendersi “progetti”, anche quando capita di trovarli collocati in un salotto. Progetti che – se fosse sempre possibile come a volte lo è stato – aspirerebbero all’espansione per potersi incastonare in un più ampio programma architettonico all’interno di un programma coordinato di “arte totale” che affonda le radici nei cantieri delle grandi cattedrali medievali dove architetti, artisti e maestranze lavoravano coralmente, si spinge fino al Bauhaus e transita infine nelle contemporanee realizzazioni site-specific.

Nella serie ideata per questa mostra, Pievani ha lavorato con metodo progettuale attraverso una sequenza concatenata e il procedimento, o meglio il processo creativo, è rimasto a lungo nella fase di work in progress. Potenzialmente la serie tende all’infinito, come le combinazioni di un divertissement della massima serietà nel quale la “forma”, è importante sottolinearlo, diventa il “contenuto”, specchio di equilibri e verità superiori.

Essendo la geometria euclidea l’ambito nel quale egli si muove, è corretto parlare di geometrie generative che qui trovano il punto d’arrivo di una ricerca iniziata molto tempo fa.  In matematica l’isometria (dal greco, iσoç, isos, che significa uguale) è una nozione che generalizza quella di movimento rigido di un oggetto o di una figura geometrica. Generalmente le isometrie preservano, oltre alle distanze, altri concetti geometrici come angoli, aree, lunghezze. Nella serie presentata in mostra il primo elemento della progressione (che corrisponde cronologicamente alla prima opera realizzata) è l’archetipo che permette di generare gli elementi successivi sulla base di minime variazioni rotatorie, traslative o riflessive nel piano, con attenzione alla scansione ritmica.

Tradizionalmente la geometria incarna l’idea del pensiero astratto, della ricerca scientifica, del cerebralismo e, teoricamente, non dovrebbe produrre stati emotivi, passioni, trasporto interiore. Dico teoricamente perché nel caso di Pievani la tradizione viene di nuovo disattesa. Alla fine degli anni cinquanta l’artista sembra disfarsi completamente dell’esperienza informale dei Cementi per dedicarsi alle levigate Superfici a lamine giustapposte, quasi asettiche nella loro ascetica bellezza, talmente perfette da dissimulare l’intervento umano. Le opere dell’ultimo quindicennio rappresentano invece un inatteso cambiamento, compiutamente espresso nelle Composizioni in piombo, ferro, legno, tempera, materiale tessile e plastico. Mentre la struttura volumetrica resta inalterata nella tensione verso la perfezione – confermando le autonome proprietà semantiche della linea, del colore, della forma e dei valori plastici non descrittivi che la ricerca precedente aveva portato alla luce – l’esterno delle masse si risolve in un’epidermide sensibile, pittorica, viva e reattiva, quasi biologica. Essa pare riacquistare la memoria dell’informale attraverso lievi tracce che cessano di occultare i segni del tempo, del caso e del lavoro umano anzi, ne evidenziano proprio l’esistenza svelando graffi, screziature, ombre, impronte. Forme geometriche le cui superfici richiamano fossili millenari, protostorici reperti, manufatti archeologici. Sembrerebbe un lasciarsi prendere dal ricordo, da una vena malinconica che favorisce la meditazione sulla caducità di ciò che è terreno ed effimero, in una sorta di inconsueta vanitas post-moderna. Il lavoro di questi ultimi anni pare entrare così in una dimensione più profondamente e autenticamente umana, nella quale sotterranee forze eterogenee cercano di convivere, in eterna lotta.

BIO ARTISTA

Dietelmo Pievani nasce a Bergamo nel 1935.

Iscrittosi all’Accademia Carrara nel 1949, riprende dopo una interruzione la frequenza ai corsi nel 1952, ultimo anno della direzione di Achille Funi. E’ iscritto alla Carrara, diretta da Trento Longaretti, sino al 1956, venendo ogni anno segnalato o premiato. Sospesa ufficialmente l’iscrizione ai corsi regolari, in realtà continua a prendere parte alla vita della scuola anche negli anni seguenti, divenendo il punto di riferimento per diversi allievi dell’Accademia Carrara che intrattengono con Pievani intensi rapporti di amicizia e di confronto.

A contatto con le esperienze artistiche più aggiornate dell’ambiente milanese e frequentatore delle più importanti rassegne d’arte nazionali (Biennale di Venezia, Triennale di Milano) viene a conoscenza dell’opera di Birolli, Morlotti, Afro, Vedova, Burri, Licini, Fontana per quanto riguarda gli italiani e di Pollock, Rothko, Klein, Twombly, Wols, Fautrier, Hartung, Dubuffet, Appel, tra gli stranieri. Prende parte al Premio San Fedele negli anni 1959, 1960, 1961. E’ dello stesso periodo il contatto con la Galleria del Grattacielo a Milano. Nel 1962 espone alla Galleria Lorenzelli di Bergamo – mostra presentata in catalogo da Tito Spini – con Camillo Campana, Giuseppe Milesi, Tilde Poli e Alberto Zilocchi. Con questo artista Pievani aveva già condiviso altre occasioni espositive: nel 1959 alla Galleria del Gruppo Bergamo, nel 1960 alla Galleria della Torre, dove vengono contemporaneamente presentate opere di Lucio Fontana e Rino Carrara. Nel 1963 partecipa a Spoleto a un collettiva inserita nel programma del Festival dei due Mondi. In questi anni avvia un’attività di promozione culturale aprendo, in collaborazione con Claudio Sugliani, Gianbattista Moroni e Giorgio Manenti, per un breve periodo a Bergamo, la Galleria dell’Acquaforte.

Alla metà degli anni ’60 Pievani si discosta dall’espressività informale, scegliendo di sperimentare nell’ambito dell’Optical Art. Presenta i personali sviluppi di questa ricerca nel 1969 nello spazio Baleri Design di città alta. Nel 1976 alla mostra “L’esplorazione percettiva” – terzo incontro, dopo i due di Ardesio del 1972 e del 1973, promosso dall’Associazione Amici dell’arte e degli artisti con il coordinamento di Umbro Apollonio – Pievani espone monumentali superfici in bianco, nella sezione intitolata Percezione Ambigua. Al di là delle categorie tradizionali (pittura/superficie colore, scultura/volume materia) progetta la forma come sintesi di materia/volume, pieno/vuoto, luce/ombra e cioè come strumento di precisione che, inserito nella realtà, seleziona i valori essenziali. Pievani matura la convinzione che ogni distinzione tra le arti debba essere eliminata: la pittura e la scultura sono anch’esse costruzione e non rappresentazione e possono servirsi degli stessi materiali e degli stessi procedimenti tecnici dell’architettura. E’ da questi presupposti che l’impegno di Pievani si muove in più direzioni dal design, alla grafica, dall’architettura d’interni alla collaborazione con architetti per interventi ambientali, come quello nella nuova chiesa parrocchiale di Longuelo nel 1965, progettata da Pino Pizzigoni.

Dal ’70 si trasferisce ad Albino, riducendo l’attività espositiva, ma intensificando i suoi interventi in collaborazione con noti architetti (Crotti, Natalini), in strutture sia pubbliche che private. Questi interventi consistono nella progettazione e costruzione di opere ambientali che inseriscono in grandi superfici elementi geometrici a rilievo che modulano lo spazio tra concavità e sinuosità, intercalate da intersezioni che ritmano luci e ombre con effetti dinamici. All’inizio degli anni ’80 Pievani allestisce due mostre personali alla Galleria Fiumana e alla Bottega del Quadro, spazio espositivo diretto da Vanna Casati.

Nel 1980 fa parte del gruppo dei segnalati nell’edizione annuale di Bolaffiarte, su proposta del critico Giorgio Mascherpa. Dal 2000, con la realizzazione di un’opera in metallo di grandi dimensioni nel parco di una villa sui colli di Bergamo, ha operato un’altra svolta nella sua ricerca, tuttora in corso.

Nel 2009 la GAMeC di Bergamo gli dedica la mostra personale “Pievani. La materia delle idee”, curata da Maria Cristina Rodeschini, mentre nel 2012 è selezionato dall’organizzazione di Bergamo Arte Fiera per una rassegna antologica composta da 15 opere realizzate a partire dagli anni ’60, tenutasi  presso BAF2012.

E’ nel novembre 2013 la sua ultima mostra “Isometrie. Le geometrie generative di Pievani” allestita alla Galleria Marelia di Bergamo e accompagnata da un’opera video di Alberto Nacci sul ciclo di opere esposte.

Opere

Photo gallery

Luogo

Galleria Marelia – Bergamo

Date

28 novembre 2013 – 30 gennaio 2014